Al mio ritorno nella stanza la
gente in appuntamento era aumentata quindi mi sono accomodata ed ho atteso
ripensando alle possibili risposte che avrei potuto dare. Fortunatamente il
colloquio è iniziato all’ora corretta grazie anche alla puntualità dei miei
rivali Mi sono seduta
composta e l’ansia è cresciuta. Ho quasi iniziato a tremare ma la mia indole da
attrice mi ha fatto rimanere seria. Dopo la breve presentazione iniziale ci
hanno imposto due dialoghi proponendoci temi commerciali. Dovevamo inizialmente
fare una graduatoria da soli delle
caratteristiche di commesso e prodotto, le quali erano riportate entrambe su
una scheda e poi trovando dei compromessi e parlandone con i nostri pareri
stilare una scaletta collettiva. Ho partecipato e mi son fatta sentire. Direi fin
troppo, ma il troppo non è mai abbastanza. Avrei voluto strozzare più volte il
tizio che mi stava accanto! Non stava zitto un minuto ed era palese che volesse
monopolizzare l’attenzione! Ma il fatto è che parlava a vanvera.. certo aveva
esperienza ma il fatto di aver conseguito vari esercizi non sempre ti porta ad
averne le conoscenze. Quindi ciò che diceva spesso era infondato. E glielo
facevo notare. Però devo anche ammettere che la sua ignoranza mi ha spronato a
dialogare ed a mettermi in gioco. Infine, l’ultimo test consisteva nel
descrivere con poche righe una persona del gruppo che ti aveva colpito. Con non
troppa banalità quasi tutti si son rifugiati sul “pagliaccetto della classe”. Lui
in sua risposta ha descritto la ragazzina di fronte con gli occhioni azzurri e
la vocina da miss Italia. Io ho voluto
descrivere una ragazza che all’incirca si poneva diagonale a me. Una cuoca con
le idee chiare e uno spirito determinato. Non se lo aspettava.
Ora ne spiego il motivo. Appena conclusa
la prima scaletta individuale ho aperto il discorso ponendo le mie motivazioni
sul numero uno. Lei mi ha contraddetto rispondendo con un’altra qualità che un
addetto deve possedere cioè la cura della persona. Mi hanno lasciata perplessa
i discorsi iniziali.
Capisco perfettamente che nell’ambito
lavorativo una persona debba avere un aspetto consono al ruolo che ricopre. Bisogna
però specificare il significato di queste due parole perché i ragazzi del
colloquio lo hanno frainteso secondo me. Loro lo hanno considerato nel
significato più frivolo e povero, cioè quello della fisicità, dei piercing, e
tattoo. Tuttavia ciò che rappresentavano le parole secondo il mio punto di
vista era differente. La cura personale è, sì, l’aspetto ma l’igiene di esso:
una persona pulita e profumata, una persona sana, una persona che tratta il
proprio vestiario, che presta tempo nell’adattare la propria acconciatura o il
trucco. Non certo riguardante un piercing o un tatuaggio. Ribadisco il campo
commerciale, il campo in cui lavorano commessi e cassieri di supermercati e
negozi. Mi sembra un ragionamento e una considerazione all’antica quella
dettata dalle voci di questo pomeriggio e mi sono meravigliata parecchio perché
è di gioventù che parlo. Capirei ancora ancora se alcune cose le avessero dette
degli anziani.
Ricordo quando lavorai in un
negozio per infanzia. Ricordo che nonostante i miei capelli color carota e il
piercing al sopracciglio, ricordo che sia i bambini che i nonni (clientela
fissa e non) mi raggiungevano chiedendomi informazioni oppure chiedendomi un
supporto e consiglio ed io sorridente (perché è il sorriso che dovrebbe stare
al primo posto) gli rispondevo e rimanevo a chiacchierare con loro. Si
spaventavano del mio aspetto? No. Il mio aspetto nonostante tutto rimaneva
curato e positivo. Soprattutto affidabile agli occhi altrui anche se con un
pezzo di ferro al sopracciglio e magari una tinta per capelli che non tutti
avrebbero utilizzato.
(tu non sarai mai Hugh Jackman, MAI!)
Specifico comunque che un
piercing è il minor male nell’aspetto per un commesso, alcuni dovrebbero
ricordarsi di utilizzare il sapone più spesso.
Ora, se avete un vostro giudizio apprezzerei molto conoscerlo :)
Un bacione da LaRaccontastorie
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